Le donne della Dichiarazione Universale dei Diritti

“Le donne della Dichiarazione Universale dei Diritti”: il Rotary Club di Nardò e il Liceo "Galilei".

“Le donne della Dichiarazione Universale dei Diritti”

Grazie all’impegno sociale del Rotary Club di Nardò e all’attenzione che la Dirigente Scolastica del Liceo “G.Galilei”, Emilia Fracella, da sempre riserva ad ogni iniziativa volta a promuovere la crescita umana e culturale degli studenti, martedì 23 aprile, presso l’auditorium “M.Papadia”, le classi III A, IV A e IV B del Liceo delle Scienze Umane e IV A del Liceo Scientifico, hanno avuto l’opportunità di dialogare con la scrittrice Enrica Simonetti sul suo ultimo libro “Le donne della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”. La lettura del libro si è rivelata un coinvolgente viaggio nella vita di otto pioniere, uniche donne tra i 53 rappresentanti dei Paesi del mondo, che hanno preso parte alla commissione impegnata nella stesura di un documento che ha cambiato la storia dell’umanità: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Queste otto straordinarie figure provenienti da tutto il mondo, con una storia difficile e complessa alle spalle che dà origine alla loro profonda sensibilità e attenzione verso tematiche diverse, hanno lottato per il riconoscimento di diritti negati all’infanzia, alle fasce più povere, ma soprattutto alle donne. Ognuna di loro ha inviato messaggi importanti, dei quali gli studenti e le studentesse hanno colto l’essenza.

“Dove iniziano i diritti universali? In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che non possono essere visti su nessuna mappa del mondo”: le parole di Eleanor Roosevelt mettono in evidenza che la tutela dei diritti trova origine innanzitutto dal modo in cui ognuno di noi agisce quotidianamente nella propria vita. Il punto di partenza, quindi, è l’educazione, strumento indispensabile per promuovere comportamenti e relazioni basate sul rispetto, sulla solidarietà, sulla condivisione.

Hansa Mehta, chiede e ottiene che, nella Carta dei Diritti Umani, l’espressione “Tutti gli uomini sono nati liberi e uguali” venga sostituita da “Tutti gli esseri umani sono nati liberi e uguali”, sottolineando, con questo gesto, l’importanza delle parole e del messaggio che esse inviano.

Minerva Bernardino si impegna a sostenere le richieste del mondo femminile nella Repubblica Dominicana, prima fra tutte il diritto di voto, e si ribella quando si rivolgono a lei e alle sue colleghe con l’espressione “Dear Ladies”, appellativo che disconosce il ruolo e l’identità di una donna.

Begum Shaista Ikramullah, musulmana che abbandona il velo ribellandosi ad una cultura che priva la donna della sua autonomia, ottiene che l’articolo 16 della Carta sia dedicato ad “Uguali diritti all’interno del matrimonio”.

Bodil Begtrup, figura di attivista molto vicina alla nostra epoca, dimostra una lungimiranza politica che le permette di prevedere in largo anticipo il decadimento educativo, i pericoli celati in internet, il dilagare incontrastato dei social, il degrado della comunicazione e dei contatti umani.

Marie-Helene Lefaucheux, donna particolarmente forte e ostinata, la cui vita appare scandita da un susseguirsi di perdite e grandi dolori, riesce a far inserire nell’Articolo 2 l’allocuzione “senza distinzione di razza, colore, sesso, religione, politica o per qualsiasi altra opinione basata sull’origine sociale, geografica, di nascita e di qualunque tipo”.

Lakshmi Menon, una delle prime femministe indiane, impegnata socialmente, politicamente e professionalmente, ma anche nella vita domestica, considera i giovani la speranza per il futuro in un Paese che deve lottare per conquistare libertà e uguaglianza ed evidenzia la necessità di trasmettere loro il valore della cultura, unico strumento per contrastare le discriminazioni e gli stereotipi di genere che ancora relegano la donna ad una condizione di inferiorità.

Infine Evdokia Ilynichna Uralova, un’insegnante che si impegna a combattere le disparità sociali promuovendo la partecipazione attiva anche delle donne alla vita politica, lotta per il riconoscimento della parità salariale, recepito nell’articolo 23.

La storia di queste otto donne, è un messaggio di speranza: da ogni personale dolore, dalle fatiche di un percorso di vita quantomai difficile e doloroso, possono trarre origine la forza e l’ostinazione che generano il cambiamento.

Un invito preciso, quindi, alle nuove generazioni a portare avanti il percorso da loro avviato che vede nello studio e nella cultura gli strumenti indispensabili per la propria emancipazione.

 

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